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Il caschetto e le ninfe.

“Sualà”

 

A contenere l’ampio spettro di temi, idee narrative e medium espressivi utilizzati da Giulia Ferrarese c’è un’idea periferica del tempo che unisce figure mitologiche, tracce di incontri e di passaggi, al presente. Non c’è bisogno di indagare la vera origine del gesto, ninfe, trecce, pezzetti di corda sono la manifestazione di immagini borderline ibride di forte valenza artistica che sollevano l’arte dal problema del senso, sfuggendo in tal modo da approcci ermeneutici e mitopoietici. Tutto ciò palesa l’esigenza di riportare l’opera ad essere la restituzione di un’emozione e di farsi espressione creativa individuale. La ricerca dell’artista si discosta infatti dal mito della concettualizzazione o dell’unicum contro la produzione seriale e, basando il suo lavoro su situazioni ambigue, sfumate, arriva ad interrogarsi sulla natura stessa del reale possibile che appare e non appare, come in una sorta di premonizione o di universo parallelo scandito da un tempo differente.

E così il gesto artistico diventa il linguaggio che svela, attraverso la definizione di forme classicheggianti aliene, velatamente queer, situazioni riconducibili in parte ad un’atmosfera onirica, poetica e in parte a un pensiero che contamina le identità e i generi, tra fantasy e postumano contemporaneo1.

 

Sul tema della metamorfosi uomo-animale, come nella serie “Ninfico” (2018), una posticcia barbetta, emblema di maestosa saggezza e di potere maschile, contrasta con l’efebico volto femmineo di una Ninfa portatrice di amore e si fa metafora di un’emozione ibrida che racchiude in sé tutti i generi e gli impulsi.

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Nel progetto “Grottina”, realizzato nel 2011, assistiamo a un’integrazione ambientale di oggetti, video e performance, preludio di quel Ninfico che solo in tempi più recenti diventerà indirizzo di ricerca da parte dell’artista. I video, in particolare, predispongono a un’attesa, isolando con tagli e voci cantilenanti un contesto spaziale tra immaginazione e visione.

Un piano duplice che si ripresenta anche nel gruppo di fotografie digitali “Senza titolo” (2011-2016) in cui l’inquadratura fotografica ferma una situazione concreta, mentre la sfocatura ci appare come un’altra dimensione temporale del possibile.

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“Camminando su una strada di ciottoli, seguo una coppia di amici che parlano fra di loro, più avanti. La strada porta ad un punto su un piccolo torrente sembra appena passata l’alba e delle lune compaiono all’orizzonte, dietro al ponte. Sono 3 di diversi colori, una è azzurra, una verde mentre l’altra è sull’arancio. Cammino così intravedendole”. Cit. Giulia Ferrarese

Questa fase creativa, “il Ninfico”, corrispondente a una sorta di possessione ninfica e ci rivela il tentativo dell’artista di trovare un anfratto da dove far emergere, dal margine e da luoghi invisibili, quella che è una delle figure periferiche per definizione, la donna, quindi anche se stessa.

Sebbene l’interesse per la figura femminile si ritrovi in più lavori, come nella video-performance “Bacio Joker” (2013), in cui la bocca sensuale di Giulia Ferrarese, truccata di rosso sangue sbavato, traspone la personificazione sul piano fisico e psicologico, di una immaginaria compagna di Joker e il costante rimando nei testi all’ “eterno” caschetto, pettinatura “da battaglia” delle prime e coraggiose donne femministe, possiamo ipotizzare che il tema venga sviluppato con l’avvio del ciclo Ninfico.

Come gesto di cura le ninfe proteggono la natura e portano amore, ma sono anche assurte ad armi primarie utilizzate per innescare processi mentali di metamorfosi in cui emerge la personale visione di un’arte capace di registrare un cambio di rotta: un eros ancestrale che porti al superamento delle differenze di genere; una natura potente e incontaminata che attende l’arrivo di un essere umano nuovo che riponga attenzione, fuori dall’antropocentrismo, all’ambiente.

Come gesto di cura le ninfe proteggono la natura e portano amore, ma sono anche assurte ad armi primarie utilizzate per innescare processi mentali di metamorfosi in cui emerge la personale visione di un’arte capace di registrare un cambio di rotta: un eros ancestrale che porti al superamento delle differenze di genere; una natura potente e incontaminata che attende l’arrivo di un essere umano nuovo che riponga attenzione, fuori dall’antropocentrismo, all’ambiente.

 “Tutto richiama l’essenza vivente del bosco e delle sue potenze, gli alberi e gli animali, più o meno domestici, o terribilmente fantastici”. Cit. Giulia Ferrarese,”Grottina”.

Lontana dai primi ideali della lotta femminista portati avanti da donne e artiste, Giulia, in una realtà contemporanea, registra il cambiamento della soggettività femminile colta nella sua capacità di visione periferica, attraverso la quale possiamo cogliere gli stereotipi imposti e tentare di superarli generando un ponte di possibili nuove traduzioni emozionali del reale.

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Nell’opera “Sualà” (2018), creata per il concorso, Giulia Ferrarese ritorna sul tema della metamorfosi, conducendoci in un’atmosfera differente, familiare.

Sualà è una farfalla alleata delle ninfe, portatrice di mistero e amore. Di colore blu, come colore alchemico dell'erotismo, origina dal ricordo di una divinità, Sualidù, inventata giocando con un cuginetto, quando l’artista era ancora una ragazzina.

Sualà assume la forma di un racconto nel racconto ispirato dalla lettura del libro “Angeli e Insetti”, di A. S. Byatt, dove una fata del giardino introduce le specie di farfalle notturne ai più piccoli.

Nel regno delle metamorfosi, di cui la farfalla è un simbolo, i confini tra arte e realtà sono ambigui e l’artista sembra porci di fronte a un essere nuovo, bambino, farfalla o ninfa, per esprimere o suggerire, la necessità di un mutamento verso una società fatta di uomini nuovi, diversi nelle relazioni, con l’ambiente e in molti altri aspetti. “L'umanità, oggi fragile come non mai, sta per entrare in una nuova e inaspettata era della sua evoluzione” 2.

 

“Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla”.

Lao Tzu

1  Leonardo Caffo “Fragile umanità. Il postumano contemporaneo.”, Einaudi 2017

2  Leonardo Caffo “Fragile umanità. Il postumano contemporaneo.”, Einaudi 2017 

di Sabrina Drigo

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